Durante l’edizione 2017 del Salone del Mobile abbiamo incontrato Anna Bartoli dello studio Bartoli Design, che insieme al fratello Paolo continua l’esperienza iniziata nel 1960 dal padre Carlo.
Carlo Bartoli è l’ideatore di alcuni pezzi iconici del design italiano, come la poltrona Gaia per Arflex, la collezione Tube per Rossi di Albizzate, la poltrona 4875 per Kartell, lo studio ha collaborato e collabora tuttora anche con molte altre tra le principali aziende del settore dell’arredo.
SDM: per iniziare, una breve presentazione, come nasce lo studio Bartoli e come si avvicina al design?
Anna Bartoli: Lo studio nasce negli anni ’60 con il lavoro di mio padre Carlo che è architetto, come sono architetto io ed è architetto mio fratello Paolo, ora lavoriamo in tre.
Lui negli anni 60 inizia in effetti come architetto, poi succede che con una delle prime crisi edilizie cerca di fare qualcos’altro, inizia una prima collaborazione con Arflex grazie a degli eventi fortuiti, aveva bisogno per se stesso di una serie di arredi, ha progettato questi arredi sulle sue necessità, successivamente li ha proposti ad Arflex, sono interessati, così, quasi casualmente ha iniziato a fare il designer.
Quello degli anni 60 era un periodo fertile dove si sono sviluppati tanti brand che ora sono famosi nel mondo, sono le icone del nostro design.
Questa attività di designer, mista a quella di architetto è quella che continuiamo tutt’ora, facciamo soprattutto design, ma anche architettura e trasferiamo delle esperienze e delle necessità dell’architettura nel nostro lavoro di designer.
SDM: qual’è nella vostra esperienza la scintilla che innesca il processo creativo?
Anna Bartoli:Il processo creativo può avere diverse scintille, diverse nascite, noi crediamo molto nella collaborazione con le aziende, quindi spesso è il dialogo con le aziende che fa nasceredegli stimoli, che poi approfondiamo.
Questi stimoli derivano dalle condizioni sociali ad esempio, che creano poi il bisogno di nuovi prodotti, dal fatto che l’azienda vuole esplorare un tema diverso per quanto riguarda la tecnologia, che l’azienda si relaziona con un tipo di cliente nuovo per il quale non ha ancora dei prodotti, oppure, a volte, nasce dal fatto che frequentando diverse aziende e ragionando molto sulle tipologie dei prodotti, ci rendiamo conto di lacune che secondo noi varrebbe la pena di colmare e abbiamo qualche idea che riteniamo innovativa ed interessante da sviluppare.
La creatività è un processo complesso, come se si sedimentassero e convergessero in un momento tanti stimoli ed anche tante costrizioni che poi devono essere sintetizzate da noi in modo razionale, c’è un momento creativo che però è un tutt’uno con una sintesi che è anche razionale, non è il lavoro di un artista quello del designer.
SDM: ogni progetto ha una storia che conduce dall’ideazione alla produzione dell’oggetto, qual’è tra i vostri prodotti quello con la storia più interessante?
Anna Bartoli:Un prodotto recente che secondo me racconta bene il nostro modo di affrontare il progetto è una sedia che abbiamo realizzato per Kristalia, si chiama 1085 edition, è una sedia che è nata appunto da uno stimolo dell’azienda, da un processo artigianale di lavorazione del cuoio, che non è del mondo dell’arredamento, ma è del mondo della calzatura.
Una conceria storica che ha fatto le suole degli scarponi per l’ascesa al K2 di Ardito Desio, una storia aziendale interessante di un’azienda artigiana, ha dato il la a questo processo. Loro producono un cuoio molto spesso, di 7 mm, con il quale c’è stato chiesto di progettare un prodotto di design.
Non era mai stato usato per il design, noi abbiamo pensato di utilizzarlo per fare una sedia, è un cuoio che bisogna praticamente domare, perchè non è adatto all’arredamento, va tirato in modo molto particolare. Quindi noi l’abbiamo stampato, gli abbiamo dato una forma tridimensionale, abbiamo usato dei tiranti nautici, l’abbiamo teso sopra un telaio metallico, abbiamo usato questo materiale per le sue caratteristiche di portanza ed è diventato un progetto molto interessante di sintesi tra una tradizione artigiana, il nostro lavoro di designer e la tecnologia di Kristalia che invece ha messo tutta la parte strutturale portante investendo anche in stampi. Il tutto è diventato un prodotto di design.
SDM: che differenza c’è tra il design degli anni ’60 e quello contemporaneo?
Anna Bartoli:Tra fare design negli anni 60 e fare design adesso c’è un abisso. Negli anni 60 l’innovazione innanzitutto nasceva dalla necessità di fare, di dare dei prodotti che non c’erano, c’era un’innovazione sui materiali, un’innovazione sulle tipologie, la mancanza di prodotti seriali che potessero servire a tutti, quindi c’è stato un fiorire di prodotti innovativi.
Prima non esisteva l’idea della produzione industriale del design, soprattutto nel settore dell’arredamento, i prodotti erano tutti artigianali, invece negli anni 60 si è assistito all’applicazione di tecnologie nel settore del design per l’arredamento e non solo, poi soprattutto le necessità sociali, di rispondere ai bisogni della popolazione con prodotti che prima neanche esistevano, tutto questo ha prodotto invenzioni epocali.
Adesso c’è di tutto, c’è troppo, soprattutto nel nostro settore dell’arredamento, non c’è nessuna necessità di avere una nuova sedia, una nuova libreria o una nuova cucina, quindi si lavora in modo tradizionale, ancora sul prodotto, soprattutto per quanto riguarda le finiture, le prestazioni tecniche, la perfezione del dettaglio.
Dal mio punto di vista adesso stiamo proprio cambiando epocalmente quindi il design diventa anche lo studio del processo aziendale sotto tutti i suoi aspetti, del processo commerciale, del servizio, del coinvolgimento del cliente, della spiegazione di quello che c’è dietro al prodotto, che rappresenta la differenza tra un’azienda e l’altra e tra i un prodotto e l’altro.
Quindi il ruolo del designer è cambiato moltissimo, noi dobbiamo conoscere tutto quello che riguarda il mondo aziendale, non possiamo più occuparci soltanto di progettare un prodotto.