Inaugurato recentemente a Milano il secondo museo del design, L’ADI Design Museum, il museo del Compasso d’Oro è realtà. L’inaugurazione ufficiale si è svolta lo scorso 25 maggio alla presenza del MINISTRO DELLA CULTURA, on. DARIO FRANCESCHINI.
Presenti all’inaugurazione anche il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, l’Ass. regionale alla Cultura, Stefano Bruno Galli e il Sindaco di Milano Giuseppe Sala e ovviamente il Presidente ADI, Luciano Galimberti, e il Presidente di Fondazione ADI, Umberto Cabini, che hanno annunciato con orgoglio la nascita del nuovo polo culturale milanese.
Il Museo del design ospita la Collezione storica del Compasso d’Oro – composta dagli oggetti selezionati dal 1954 a oggi – e apre le porte offrendo al pubblico ben 8 mostre di approfondimento multitemporale che si pongono in dialogo con la Collezione.
ADI Design Museum vuole essere, infatti, non solo un luogo di incontro per la comunità del design, ma anche un punto di riferimento per il grande pubblico, che potrà comprendere maggiormente il vero significato e valore del design, attraverso i pezzi della collezione, l’innovativo format di proposta degli approfondimenti tematici, i convegni, i laboratori per i più giovani e gli eventi.
“È sempre un giorno di festa quando apre un nuovo Museo – ha dichiarato l’On. Dario Franceschini, – ma dopo questo anno, diventa quasi un simbolo di ripartenza non solo per Milano ma per il Paese intero che ha un grande bisogno di respirare cultura. Oggi noi siamo qui a ribadirlo attraverso questa apertura. L’italia nei momenti di difficoltà ha sempre dimostrato una grande capacità di reazione e sarà così anche con il prossimo futuro.”
“Il nostro museo è un esempio virtuoso di collaborazione tra Istituzioni Pubbliche e privati – ha affermato Luciano Galimberti, Presidente ADI – che in un dialogo costruttivo e concreto, hanno saputo unire l’importanza della conservazione del patrimonio culturale con quella della sua valorizzazione e condivisione. Un museo autogenerativo, che si rinnoverà costantemente, ma soprattutto che propone il superamento del percorso temporale lineare, affiancandolo a percorsi che pongono temi, storie, personalità, in una dialettica attorno alla contemporaneità. Sono orgoglioso di questo risultato che è stato reso possibile grazie all’impegno e alla fiducia di tutti i soci.”
ADI Design Museum è aperto al pubblico dal martedì alla domenica, con orario dalle 10.30 alle 20.00.
Peculiarità del Museo, il primo in Italia, è di non avere una biglietteria fisica: l’acquisto dei biglietti potrà essere fatto attraverso l’APP disponibile su Appstore e Google Play, oppure tramite sito e, infine, direttamente in loco tramite i mediatori culturali che utilizzeranno degli appositi POS.
Il Luogo del museo del design del Compasso d’Oro
Da deposito di tram a cavallo a innovativo polo culturale, un luogo che diventa simbolo di rigenerazione e dialogo con la città
ADI Design Museum – Compasso d’Oro nasce dal recupero di un luogo storico degli anni ’30, utilizzato sia come deposito di tram a cavallo sia come impianto di distribuzione di energia elettrica. Il nuovo museo del design è stato concepito con l’idea di rinnovare e valorizzare il ricco patrimonio di archeologia industriale quale carattere distintivo dell’immobile stesso. Si tratta di una struttura dalla superficie totale di 5.135 mq, articolato in spazi destinati alle esposizioni, ai servizi (caffetteria, bookshop, luoghi d’incontro), alla conservatoria museale e agli uffici. L’accesso avviene dalla piazza-giardino aperta al pubblico, recentemente intitolata al Premio Compasso d’Oro.
Il progetto del nuovo museo del design
Il progetto di recupero dell’immobile è stato curato dagli architetti Giancarlo Perotta e Massimo C. Bodini, mentre la direzione lavori è stata di Carlo Valtolina dello studio Archemi.
Lo studio Migliore + Servetto Architects con Italo Lupi, invece, sono i professionisti che, dopo aver vinto un concorso nazionale indetto nel 2013, hanno curato il progetto di allestimento della Collezione storica interna ad ADI Design Museum, oltre ad aver ideato il logo e la brand identity.
P.za Compasso d’Oro 1 Conferenza stampa di presentazione e inaugurazione di ADI Design Museum – Compasso d’Oro, con ministro Franceschini e sindaco Sala P.za Compasso d’Oro 1 Conferenza stampa di presentazione e inaugurazione di ADI Design Museum – Compasso d’Oro, con ministro Franceschini e sindaco Sala P.za Compasso d’Oro 1 Conferenza stampa di presentazione e inaugurazione di ADI Design Museum – Compasso d’Oro, con ministro Franceschini e sindaco Sala Beppe Finessi, curatore della mostra permanente “Il cucchiaio e la città” alla conferenza stampa di presentazione e inaugurazione di ADI Design Museum
ADI Design Museum, le mostre permanenti
Il cucchiaio e la città
In occasione dell’apertura, ADI Design Museum presenta “Il cucchiaio e la città”, una mostra a cura di Beppe Finessi che approfondisce la Collezione Storica del Premio Compasso d’Oro, riconosciuta dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali come bene di “eccezionale interesse artistico e storico”
Il progetto espositivo, che si muove attraverso un racconto di tutte le edizioni del premio dal 1954 a oggi, raccoglie materiali differenti e complementari tra loro. Fondamentale e imprescindibile è la presenza degli oggetti reali, esposti tramite esemplari originali. L’obiettivo dell’ADI Design Museum è quello di raccontare il design italiano mostrando contemporaneamente anche altri tipi di documenti: i disegni originali e gli schizzi di studio dei progettisti, per rappresentare l’ideazione e la prima elaborazione del progetto, ma anche i disegni esecutivi, eseguiti all’interno degli uffici tecnici, realtà altrettanto fondamentali per la riuscita del design italiano.
“Il cucchiaio e la città” ha scelto di sottolineare anche il fondamentale ruolo svolto dalle riviste italiane. Nel corso di quasi un secolo di storia, sono state diverse le testate significative, che vengono così esposte a fianco degli oggetti premiati. Alcuni fascicoli di queste pubblicazioni, con le loro copertine e i loro articoli puntualmente dedicati, hanno contribuito a diffondere nel mondo i progetti del Compasso d’Oro.
La “parola scritta” accompagna il visitatore non solo nella descrizione dei singoli progetti, ma è essa stessa parte del racconto “visivo”, attraverso una selezione di alcune “frasi d’autore” di progettisti e imprenditori, e soprattutto di protagonisti della critica: storici, inizialmente provenienti dal mondo dell’arte e dell’architettura, intellettuali che hanno portato il loro sguardo verso il design e che hanno sottolineato per primi l’importanza di questo ambito produttivo.
Una delle componenti imprescindibili del mondo del design è la comunicazione, e per questo sono esposti alcuni strumenti che aiutano la divulgazione e la promozione, come le pagine pubblicitarie e i cataloghi, sempre disegnati dai protagonisti della grafica italiana.
Nell’ADI Design Museum sono trattate come evidentemente eccezionali alcune immagini scattate da grandi interpreti della fotografia, ed esposte quindi non solo come “documenti visivi”, ma come “opere” in sé.
Manifesto alla Carriera
ADI Design Museum presenta la mostra “Manifesto alla Carriera. Omaggio della grafica italiana ai Maestri del Compasso d’Oro”, un progetto espositivo a cura di Luca Molinari. Assistente alla curatela e coordinamento scientifico, Maria Antonietta Santangelo – Luca Molinari Studio.
L’apertura del nuovo ADI Design Museum diventa occasione per celebrare il patrimonio che ha generato il mondo di oggetti e simboli attraverso cui oggi raccontiamo il genio italiano nell’ambito del design, della grafica e dell’architettura. Aziende, istituzioni, autori e prodotti sono rappresentati dai 139 Premi Compasso d’Oro alla Carriera, a cui questa narrazione corale fa riferimento. L’obiettivo è quello di rendere omaggio ai migliori nomi del design italiano del ‘900 e sottolineare la loro azione teorica, visionaria e sociale.
Il progetto espositivo racconta l’Italia del design da un duplice punto di vista, trasversale e democratico: da un lato onora la storia del professionismo colto italiano e del più nobile dei premi per il design. Dall’altro è occasione per fissare una virtuosa istantanea dello stato dell’arte della grafica italiana contemporanea, frutto di una scelta curatoriale che ha previsto la partecipazione dei più grandi autori e dei nomi ADI Design Index, insieme a una selezione attenta della giovane generazione. Ciascun protagonista invitato ha elaborato, interpretato e tradotto un Compasso d’Oro alla Carriera, in assoluta libertà d’espressione, generando un’operazione corale ed eterogenea composta da disegni, illustrazioni, collages o manifesti tipografici, dove contenuti e filoni narrativi sono trascritti in maniera fedele alla visione del Compasso di riferimento oppure reinterpretati e sovvertiti con sottile ironia.
La celebrazione collettiva di questi eccezionali talenti viene ulteriormente esaltata nel progetto di allestimento dell’architetto Massimo Curzi per ADI Design Museum che, con la rilettura della tradizione delle biblioteche rinascimentali, ha disegnato uno spazio monumentale e al contempo domestico.
Compasso d’Oro, misurare il mondo
Adi Design Museum presenta la mostra “Compasso d’Oro, misurare il mondo”, un’installazione permanente curata e progettata dallo Studio Origoni Steiner e collocata all’esterno del museo del design, di fronte all’ingresso principale.
Il progetto propone al visitatore una serie di immagini collocate su quattro pareti metalliche che definiscono una struttura espositiva a base quadrata: un occhio, il Colosseo, un girino, un violino Stradivari, un cavolo, un fusto di quercia, un’anfora, una stella marina, la Venere di Botticelli, una conchiglia, una galassia, un fiore di passiflora, le piramidi Maya, un ciclone, il Partenone, la struttura dell’atomo, le cellule ossee, il corpo umano…
Tra loro esiste un solo elemento comune che il visitatore scoprirà, immergendosi all’interno della struttura, grazie ad un disegno geometrico collocato sul retro di ognuna delle riproduzioni fotografiche: il numero irrazionale 1,618…, anche detto Φ, o proporzione aurea.
Un rapporto connesso alla spirale logaritmica infinita, meglio nota come aurea, le cui proprietà̀ geometriche e matematiche, nonché́ la sua frequente riproposizione in svariati contesti naturali e culturali apparentemente non collegati tra loro, suggeriscono l’esistenza di un mistero alla base della creazione del mondo, di un rapporto tra macrocosmo e microcosmo, tra universo e natura, tra il tutto e la parte, che si ripete all’infinito.
Una proporzione utilizzata anche da Leonardo da Vinci e facilmente individuabile grazie a un apposito strumento, il “golden divider”, inventato nel 1893 dal fisico e pittore Adalbert Goeringer. Oggetto che Albe Steiner utilizzò nel 1954 come riferimento per la progettazione di un marchio per un premio, ribattezzandolo “Compasso d’Oro”.
Ma la genesi del marchio, e quindi il rapporto tra il Compasso d’Oro e il resto delle immagini, sarà̀ svelato, tramite una serie di riproduzioni fotografiche, solo al termine del percorso immersivo generato dall’installazione.
Le pareti della struttura, viste frontalmente, producono un particolare effetto ottico che mette in evidenza la ripetizione dei rettangoli aurei alla base della loro composizione.
Bìos – Sistema Design Italia
ADI Design Museum presenta “Bìos – Sistema Design Italia”, un progetto di video installazione realizzato in collaborazione con POLI.design – Sistema Design Politecnico di Milano e ADI Design Museum.
Il design ha sempre avuto una dimensione relazionale, che si è andata via via a espandere per forma e contenuto di queste relazioni, dei suoi effetti sugli utenti, della sua capacità di facilitare le interazioni sociali e non solo. ADI è tessitore e attivatore di queste connessioni e con il Design Index e il Premio Compasso d’Oro è in grado di incentivare e rappresentare la dimensione sistemica e culturale del design italiano.
Attraverso l’analisi del database delle candidature all’ADI Design Index (2011-2020) si restituisce una visualizzazione organica dei partecipanti al premio, della loro distribuzione territoriale e del corrispondente numero di progetti candidati. Inoltre, gli stessi progetti candidati vengono rappresentati sulla base di categorie di partecipazione, che costituiscono un interessante elemento sulla base del quale rappresentare le evoluzioni e l’ampiezza delle tematiche che il design – ad oggi – comprende.
Infine, saranno “illuminati” i vincitori del premio. Quest’ultima visualizzazione introdurrà alla visita del museo del design.
Il design entra nella storia
La videoinstallazione, realizzata da OffiCine in occasione dell’inaugurazione dell’ADI Design Museum, è un cortometraggio di animazione che riflette sulla stretta relazione tra la creatività e la Storia, inserendo l’atto creativo nel contesto socio-economico che l’ha generato. In Italia, nel periodo che va dalla fine degli anni ’20 ai primi anni ‘50, pur segnato dalle due guerre mondiali, sono successe tante cose. È nata Cinecittà, ha inaugurato l’Esposizione della Triennale, gli elettrodomestici sono arrivati nelle case degli italiani, la moda ha mosso i primi passi, c’è stato il boom dei trasporti.
Se dovessimo riordinare, come in un album fotografico, le immagini di quegli anni, ci troveremmo a osservare una carrellata di eventi grandi e piccoli, alcuni apparentemente ordinari, altri incredibilmente rivoluzionari. Queste immagini, queste fotografie d’archivio, scorrono sullo schermo accompagnate da una musica e da una serie di suoni che sembrano riportarle in vita. Sopra questa “tela” ideale appare una linea bianca: il pensiero del designer, dell’architetto, che trasforma e dialoga con gli eventi, con i cambiamenti. E, nel farlo, “gioca” con le immagini della Storia che scorrono sullo sfondo, interagendo con loro fino ad assumere le forme che riconosciamo come iconiche del design quegli anni. La regia del cortometraggio è di Davide Fois e Mattia Colombo, il suono e le musiche di Luca Fois, tutti protagonisti della formazione di OffiCine.
IED, che ha firmato la videoinstallazione, chiude il cerchio dei suoi percorsi formativi con la presenza attiva nel progetto di due sue Alumnae, oggi professioniste del settore: Rachele Santini, che ha curato la direzione creativa e la supervisione dell’animazione del video, e Chiara Loiacono, che ha curato layout artist, character design e animazione.
ADI Design Museum, le mostre temporanee
Uno a Uno. La specie degli oggetti
“Uno a Uno” è una riflessione storica impostata su una sequenza di “accoppiamenti giudiziosi” di progetti che hanno vinto il Premio, scelti, abbinati ed esposti affiancati tra loro, in una sequenza di coppie di oggetti che sono uguali tipologicamente ma differenti formalmente, perché elaborati da autori diversi e in anni molto distanti. Si tratta di una lettura critica che prova a indagare la permanenza di alcuni “tipi”, di alcune funzioni, di alcuni territori e ambiti della progettazione, che si ritrovano, come delle costanti, nel corso degli anni del Compasso d’Oro.
Il progetto espositivo è un modo per poter offrire con chiarezza un’analisi comparata su modelli ricorrenti, e per comprendere con immediatezza, attraverso un confronto visivo diretto, le specificità e le similitudini dei diversi approcci progettuali. Un esercizio che permette di cogliere le singolarità di alcune tipologie di oggetti e di individuare le differenze determinate dalle diverse sensibilità dei progettisti e dall’evoluzione dei modelli, causata dalle mutate necessità e dai cambiamenti del gusto nel corso del tempo.
Due servizi per la tavola, due poltroncine, due lampade da terra, due scrivanie, due lampioni stradali, due utilitarie: una mostra come una sequenza di coppie iconiche del design italiano, raccontate per sottolineare l’evoluzione della specie di alcuni oggetti che continuano ad accompagnare le nostre vite.
Renata Bonfanti: tessere la gioia
un’esposizione a cura di Marco Romanelli con Luca Ladiana e Alessandro Bonfanti, dedicata al lavoro della designer, autrice che costituisce uno degli esempi più alti, e certamente cronologicamente tra i primi, di textile designer in Italia.
La mostra raccoglie una scelta completa di lavori dell’artista vicentina: dai primi tappeti a pelo lungo annodati a mano, che risentono fortemente dell’informale, alla poetica collezione Algeria, della fine degli anni ’50, sino ai più recenti tappeti a telaio meccanico che non sostituiranno mai la tessitura manuale ma si affiancheranno lucidamente e polemicamente a essa.
“Ho sempre cercato di organizzare il mio lavoro in modo che le due tecniche fossero intercambiabili. Credo che un interesse eccessivo per la produzione manuale, di natura emotiva, e il rifiuto a priori delle nuove tecnologie possano ostacolare la ricerca, come d’altronde mi sembra assurdo pretendere che la produzione industriale ricopra tutti i ruoli”.
(R.B., 1975)
Il percorso della Bonfanti è un punto di riferimento interessante per il design italiano. Tra le molte declinazioni che il progetto assume, in Italia, nel secondo dopoguerra, dobbiamo ammettere infatti che la tessitura è assai poco praticata e la Bonfanti dovrà recarsi all’estero, nel Nord Europa, per completare la sua formazione.
Penalizzati da una lettura riduttiva al femminile, è difficile recuperare esempi di textile design nelle grandi occasioni nazionali e internazionali, quali le Triennali di Milano e le Biennali di Venezia. A maggior ragione, quando il lavoro si allontana dalla manifattura tradizionale, per altro di gran livello, come nel caso della Bonfanti, per invadere con decisione i territori dell’arte. La Bonfanti è in questo senso un’eccezione e partecipa, sin dall’inizio della sua attività, alle mostre più importanti e al dibattito culturale milanese.
Possiamo riconoscere due fattori che supportano significativamente l’opera della protagonista: da un lato, l’appoggio incondizionato di un gigante del progetto italiano, quale Gio Ponti. Dall’altro, la consuetudine e l’amicizia che la lega a Bruno Munari.
Un terzo fattore tuttavia non deve essere sottovalutato: la costante e proficua presenza della Bonfanti al Compasso d’Oro con segnalazioni nel 1956, nel 1960, nel 1979 e nel 1989 e il premio che le fu assegnato nel 1962.
Giulio Castelli. La cultura imprenditoriale del sistema design
In occasione dell’apertura dell’ADI Design Museum, l’ADI – Associazione per il Disegno Industriale dedica, al centenario dalla nascita, una mostra omaggio all’imprenditore Giulio Castelli, tra i padri fondatori dell’associazione stessa e suo primo presidente. Si tratta di una figura il cui contributo è stato fondamentale nel fondare il sistema del design italiano e nel dare riconoscibilità alla professione del designer.
L’esposizione, non a caso collocata nell’area dedicata ai Compassi d’Oro alla Carriera, ripercorre le tappe salienti della vita imprenditoriale di Giulio Castelli, sottolineando come vi fosse una continua attinenza ai valori fondanti dell’associazione stessa.
Giulio Castelli, ingegnere chimico e alunno del professor Giulio Natta (futuro premio Nobel per la chimica), è stato fondatore di Kartell, azienda leader nella produzione industriale di oggetti di design in materiale plastico.
Fin dagli inizi della sua carriera, l’imprenditore milanese ha fatto parte di un gruppo di tecnici e artisti che si sono battuti per l’affermazione del buon disegno nella produzione italiana. Insieme a Gillo Dorfles, Ignazio Gardella, Vico Magistretti, Bruno Munari, Angelo Mangiarotti, Marcello Nizzoli, Antonio Pellizzari, Enrico Peressutti, Alberto Rosselli e Albe Steiner, fu membro, nel 1956, del comitato promotore dell’Associazione per il Disegno Industriale ADI. Il più lungo sodalizio lavorativo e intellettuale lo intraprese tuttavia con sua moglie, l’architetto Anna Castelli Ferrieri. Con la sua vicinanza agli esponenti del Movimento Moderno, Anna portò infatti con sé quella cultura progettuale che divenne poi la colonna vertebrale dell’azienda.
La visione imprenditoriale di Giulio Castelli non poteva prescindere dal costante impegno profuso nel gettare le basi del design industriale, nel scriverne il vocabolario, nel crearne l’impalcatura e le legislazioni, nel promuoverlo e nel comunicarlo perché fosse quel bene condiviso che oggi chiamiamo design italiano, o meglio design tout court.
Due mostre furono emblematiche della filosofia dell’imprenditore: la prima fu la storica Italy: The New Domestic Landscape, al MoMa nel 1972, che lo vide impegnato nella produzione delle installazioni di Ettore Sottsass jr., Gae Aulenti, Marco Zanuso e Richard Sapper. La seconda, molto meno nota, fu l’esposizione La sedia in materiale plastico. Mostra internazionale, organizzata dal neonato Centrokappa in occasione della XII edizione del Salone del Mobile e allestita nella sede dell’azienda a Binasco. La mostra raccoglieva 100 sedie, di cui solo pochissime realizzate da Kartell, accomunate dal fatto di essere prodotte con materiali plastici.
Un evento unico nel suo genere, che ci racconta di un uomo che guardò sempre al futuro del sistema come a uno degli elementi chiave del successo della propria azienda.
Tra i prodotti più importanti e innovativi di Kartell, si ricordano il secchio tondo con coperchio in polietilene di Gino Colombini, con cui l’azienda ottenne il primo Premio Compasso d’Oro, e la seggiolina sovrapponibile per bambini di Marco Zanuso e Richard Sapper, primo oggetto di arredamento della collezione Kartell e prima sedia al mondo prodotta interamente in materiale plastico.
Proprio per la sua “politica aziendale basata sulla coerenza della progettazione dei suoi prodotti e su una costante ricerca e immagine evolutiva” l’azienda vinse il Compasso d’Oro nel 1979.
Giulio Castelli ha ricevuto nel 2004 l’Ambrogino d’Oro, massima onorificenza cittadina, da Gabriele Albertini, sindaco di Milano. Gli è stato inoltre conferito anche il Premio speciale per i 50 Anni del Premio Compasso d’Oro ADI, come “riconoscimento per la tenacia del suo operato nella storica Associazione per il Disegno Industriale dal 1956, anno della sua fondazione, a oggi. Un’opera costante e appassionata, condotta insieme con tanti altri, nella profonda convinzione che solo dal lavoro collettivo di tutti i protagonisti del sistema design potesse nascere la volontà di testimonianza nella conservazione del passato e nell’elaborazione dei contenuti necessari per costruire il futuro. I quasi cinquant’anni di storia dell’ADI gli danno ragione”.
Missione che portò avanti fino alla fine, come testimonia anche l’ultimo dei suoi progetti, il volume La fabbrica del design. Conversazioni con i protagonisti del design italiano, uscito postumo nel 2007.